MI RACCONTI UNA FIABA? NO, TI RACCONTO UNA BALLA COSI’ TI ABITUI

Avrei voluto non scrivere su questa vicenda che, tra l’altro, è stata oggetto di un nostro circostanziato esposto alla magistratura, ma la leggerezza con la quale si tende trattare un argomento così delicato, come quello dell’esteso fenomeno di contaminazione dell’ex area Antonio Merloni, è imbarazzante, come è imbarazzante che a intervalli regolari qualcuno tenda ritornare sul rilancio del progetto Gabrielli quasi come ci sia un interesse superiore e tombale rispetto ai fatti e, soprattutto, alle responsabilità. Le condizioni per cui la sospirata “riqualificazione” si possa concretizzare sono:

  1. la definizione ed esecuzione degli interventi di bonifica ambientale a cui deve essere sottoposta l’area della ex fabbrica delle bascule o bilance già di proprietà della Antonio Merloni.
  2. l’approvazione della variante allo strumento urbanistico da parte della Amministrazione Comunale;

E’ evidente come senza bonifica non vi può essere variante allo strumento urbanistico. Pertanto, al contrario di ciò che si afferma nell’articolo comparso sull’Azione “Sul McDonald’s ecco il retroscena”, il progetto di riqualificazione urbanistica, oggetto di una specifica convenzione, non può prescindere da una valutazione complessiva e coordinata da parte di tutti i soggetti istituzionali avente competenze in materia di bonifiche. Quindi Regione, Provincia, Comune, Arpam etc….. se non solo dopo l’avvenuta certificata e comprovata bonifica. Ciò che sostiene l’intervistato, al contrario, non tutela i legittimi interessi della stessa  Amministrazione Comunale e soprattutto non fa chiarezza, come avrebbe voluto la giornalista, sulle dinamiche antecedenti alla questione e inerenti alla proprietà dei terreni..   Il  tema affrontato per la sua complessità e delicatezza (coinvolgimento di un intero quartiere, contaminazione di pozzi  destinati a uso potabile posti a valle, estensione dell’inquinamento e soprattutto investimenti di denaro pubblico per una messa in sicurezza di emergenza tardiva, posta paradossalmente in essere ben 12 anni dopo le prime segnalazioni), non può e non deve ridursi esclusivamente ad una sorta di ricatto morale o meglio sarebbe dire “castrazione degli interessi pubblici e di una intera città” in cambio di rotatorie od altro. Tenuto conto dei noti fatti sorgono spontanei i seguenti quesiti: l’analisi di rischio è stata eseguita? se ciò è stato fatto è stata validata? e se è stata validata perché sono passati inutilmente tutti questi anni (ben 15)? Tale situazione emerge anche dalla lettura degli atti  redatti a corredo della famosa richiesta di variante. In essi si accenna alla totale assenza sia di un progetto di bonifica ed alla incertezza del quadro complessivo degli interventi di bonifica e messa in sicurezza dell’area e dei relativi costi. Si parla di falda. Ma le acque sotterranee e la loro bonifica sono o non sono un’aspetto sostanziale di una bonifica o meglio di questa bonifica? E per il suolo cosa è stato fatto? Quali sono le ragioni per cui l’Amministrazione dopo avere annullato, nel 2005, la DIA presentata dalla Ditta Edilninno (14159 del 4 aprile 2005)  nel 2008 la “rinnova” per la demolizione dell’ex opificio dello stabilimento delle bascule? Tra l’altro risulta che l’area è inserita nel piano regionale delle bonifiche. Tale condizione determina:

  1. l’obbligo di eseguire l’intervento di bonifica o messa in sicurezza sulla base di specifici progetti redatti a cura del soggetto a cui compete l’intervento.
  2. un vincolo all’utilizzazione dell’area che impedisce ogni destinazione d’uso futura fino all’avvenuta bonifica;

Alla luce della normativa vigente in materia di bonifiche l’accordo di programma è lo strumento procedimentale. Questo percorso  non può essere affidato esclusivamente ad un impulso di parte (peraltro interessata, come è ovvio, a tutelare i propri interessi). Quindi quali interessi si celano dietro questo pressante interesse? Dopo ben  15 anni trascorsi nel costruire incertezze e dubbi su responsabilità e dopo fallimenti, annessi e connessi,  si pensa di risolvere tutto a tarallucci e vino o meglio a coca cola, panini e hot dog. Non è che non vi fossero  strumenti per salvaguardare al meglio gli interessi pubblici e la salute pubblica attraverso tutte necessarie, idonee e trasparenti operazioni. A questo punto è legittimo chiedersi: come mai l’amministrazione non ha  provveduto alla bonifica dell’area espropriandola, prima che i soggetti fallissero? Se la riqualificazione del sito  è un interesse prioritario, perché l’Amministrazione Comunale non si è adoperata per definire un progetto di riqualificazione urbanistica anche attraverso un bando per la realizzazione dell’intervento mediante  appalto concorso o strumenti similari? Purtroppo si è scelta un’altra strada, un percorso contorto e poco trasparente perdendo anche delle opportunità per avere maggiore risorse finanziarie attraverso contributi pubblici, entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese, proprio perché sussistevano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale e/o occupazionali.

Tutto ciò con grave danno all’erario ed agli interessi dei cittadini, in particolare quelli del quartiere Campo Sportivo. Il Consiglio di Stato, in diverse sentenze, ha chiarito che l’individuazione del soggetto cui impartire gli obblighi di intervento spetta all’Amministrazione competente per il procedimento di bonifica, che deve adempiere a rigorosi oneri istruttori e motivazionali, e sempre il Consiglio di Stato, chiarisce che, pur essendovi un obbligo di doverosa istruttoria da parte dell’Amministrazione, la prova dell’imputabilità dell’inquinamento può essere raggiunta avvalendosi anche delle presunzioni semplici di cui all’art. 2727 cod. civ., prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possono trarsi indizi gravi e precisi e concordanti che inducono a ritenere verosimile, che si sia verificato l’inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori, ma, guarda caso, a Fabriano gli autori sono stati sempre dichiarati, anche dall’ex sindaco, ignoti. E’ singolare che si tenga ad evidenziare che sia  tutto a norma e nella legalità e che sia normale, che in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo nel nostro territorio ed una contrazione conclamata dei consumi, un gruppo si spertichi ad aprire un nuovo centro commerciale nella nostra città accollandosi oneri economici e temporali incomprensibili. Si continua parlando di nuovi posti di lavoro e quando l’intervistatrice chiede se serva un altro supermercato, si risponde che questa domanda andrebbe rivolta a Gabrielli, quando invece andrebbe rivolta alla comunità dei nostri commercianti di vicinato ai quali, l’apertura di un nuovo centro commerciale a Fabriano, darebbe l’ultima mazzata alla possibilità di sopravvivenza. Secondo, infatti, una elaborazione dell’ufficio studi della CGIA di Mestre, sui dati del MISE e di Infocamere, per ogni posto di lavoro nella grande distribuzione, se ne perdono 6 nel commercio di vicinato. Come Movimento 5 Stelle vigiliamo e vigileremo perché interessi privati non prevarichino quelli della nostra comunità in danno della verità e della giustizia. Questa storia mi ricorda tanto quella massima che fa “Mi racconti una fiaba? No, ti racconto una balla, così ti abitui”.

Joselito Arcioni, Movimento 5 Stelle – Fabriano