IL SALUTO DI MONS. RUSSO ALLA DIOCESI

Questo pomeriggio, presso la Cattedrale di Fabriano, il vescovo Stefano Russo ha preso possesso della cattedra di San Venanzio ed è ufficialmente il nuovo pastore di questa chiesa. Il passaggio del pastorale da Mons. Vecerrica è avvenuto all’inizio della celebrazione in Cattedrale dopo il saluto alla città e ai malati avvenuto in centro storico e all’ospedale Profili. Ecco il testo integrale del saluto alla Diocesi pronunciato poco fa.

La domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli “Ma voi, chi dite che io sia?” è di quelle importanti e questa sera il Signore, la pone a noi.

Qual è la nostra risposta?

Non credo che abbiamo bisogno di tante parole per darla, in quanto dovrebbe bastare descrivere la scena che ci vede radunati. Una comunità in festa, quella di Fabriano-Matelica, che accoglie il suo nuovo pastore, accompagnato da un folto gruppo di fedeli provenienti da un’altra Chiesa particolare, quella di Ascoli Piceno. Una comunità che partecipa con le sue varie componenti e carismi, che si ritrova in una celebrazione eucaristica, alla presenza di diversi miei Confratelli nell’ordine episcopale e di un bel numero di sacerdoti, diaconi, religiose/i.

Questa è la scena che oggi, 18 giugno 2016, costituisce la nostra risposta, corrispondendo a quella che Pietro dà a Gesù: “Tu sei il Cristo di Dio”.

Infatti, come dice l’apostolo Paolo, noi pur essendo molti, siamo un corpo solo, poiché apparteniamo tutti al Signore Gesù (cfr. 1 Cor 12,12).

E’ così che dobbiamo riconoscerci: come membra vive dell’unico corpo mistico di Cristo.

Il tempo che abbiamo avuto per preparare questa giornata, ci ha favorito nel costituirci come un’unica realtà in Cristo. E’ in questa configurazione che c’è in parte la risposta ad un’altra altra domanda che, in un’occasione come questa, la comunità riunita, penso, rivolga al suo nuovo pastore:

Che tipo di Chiesa porti nel cuore? Quale Chiesa sogni?

Sogno una Chiesa che sia capace di testimoniare con I FATTI, PRIMA ANCORA CHE CON LE PAROLE, la realtà di Dio. Come amava dire Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni” (dall’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 2 ottobre 1974). Sono convinto che l’appartenenza a Gesù Cristo, non soltanto non aliena gli esseri umani dal mondo, ma li immette in un cammino di libertà che rende ogni uomo più uomo.

Sogno una Chiesa in cui, i suoi diversi membri, nel rispetto di un disegno ordinato alla e dalla comunione, si sentano direttamente impegnati e responsabili della sua costruzione. Sentano cioè che la loro vita può diventare una divina avventura, spinti dalla comune PASSIONE PER LA CHIESA. Nei miei 25 anni di ministero sacerdotale, sono stato accompagnato da quattro vescovi. E’ qui presente Mons. Giovanni D’Ercole, che ringrazio, in particolare, per la vicinanza testimoniatami in questo tempo particolare e delicato per me. Lui è il quarto di questi pastori. Cronologicamente il primo è stato Mons. Marcello Morgante, per ben 36 anni Vescovo di Ascoli Piceno, di cui uno degli ultimi atti del suo lungo ministero, è stata la mia ordinazione sacerdotale. Dopo di lui Mons. Pierluigi Mazzoni che è stato, per un breve ma intenso periodo, pastore della Diocesi Picena e poi Mons. Silvano Montevecchi che benevolmente mi ha accompagnato e sostenuto per un bel tratto del mio cammino. Uomini di Dio molto diversi tra loro, ma animati dalla comune PASSIONE PER LA CHIESA. La loro testimonianza è un buon viatico per me che inizio oggi, come vescovo, la mia missione in mezzo a voi e spero, come loro, di riuscire ad essere segno dello stesso amore.

Sogno una Chiesa capace di comprendere che la passione che è chiamata a vivere è prima di tutto quella che nasce dalla disponibilità a rinnegare se stessi e prendere ogni giorno la propria croce, seguendo Gesù. L’abbraccio della croce che siamo chiamati a compiere, non è fine a se stesso ma è possibile per noi, solo perché è orientato a Cristo, e diventa per noi apportatore di straordinari frutti di risurrezione.

Sogno di conseguenza una Chiesa IN ASCOLTO, capace di cogliere il disegno di Dio dentro la nostra storia. Non chiusa e autoreferenziale ma attenta a farsi prossima ad ogni uomo, con la consapevolezza che nessuno  può pretendere di essere possessore esclusivo della fede ma che i talenti che abbiamo ricevuto da Dio vanno trafficati. Solo nell’ascolto possiamo accogliere la Misericordia del Signore, riconoscerci peccatori e allo stesso tempo essere testimoni di misericordia che con efficacia si configurano, secondo un’espressione cara a Papa Francesco, come Chiesa in uscita, capace di un intimità itinerante con Gesù, dove la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno. (cfr. n. 23, Evangelii gaudium),

Sogno quindi una Chiesa MAESTRA DI RELAZIONI. Riprendo quanto diceva Papa Francesco ai vescovi italiani riuniti in assemblea, lo scorso mese di maggio, a proposito  di rinnovamento del clero: nel nostro ministero, – diceva – quante persone incontriamo che sono nell’affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c’è più posto per il fratello. E’ così: viviamo un tempo nel quale abbiamo la possibilità straordinaria di metterci in contatto con l’altra parte del mondo, attraverso il delicato e semplice tocco di uno schermo, ma in cui emerge, allo stesso modo, una grande difficoltà a vivere un amore fedele e perenne. E’ questa, a mio parere, una delle PERIFERIE ESISTENZIALI più estese del nostro tempo. In un mondo che sembra travolto da una corsa inarrestabile, dove sempre più spesso i rapporti interpersonali, sono particolarmente caratterizzati dalla fugacità, abbiamo bisogno di persone, famiglie, gruppi, capaci di far vedere la bellezza dell’incontro in Cristo. Persone che non hanno paura di fermarsi davanti all’altro, riconosciuto come fratello, persone che “perdono tempo” per l’altro, mettendo in circolo la “buona notizia”, capace di riscaldare il cuore di ogni uomo e di introdurlo in un cammino di autentica liberazione.

Sogno una CHIESA TRASPARENTE, capace cioè di dare ragione di se stessa. Una Chiesa al passo con i tempi, che coerentemente con la propria identità e la propria missione, sia attenta a dialogare, in modo efficace e positivo, con l’uomo contemporaneo, avendo il coraggio e la semplicità di camminare al suo fianco, condividendo … le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce … dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono (n, 1 GS). Una Chiesa che si esprime attraverso un linguaggio a tutti comprensibile che non si nasconde dietro antiquati paraventi, che “gioca a carte scoperte”, che nel suo parlare sa rispondere al messaggio di Gesù: Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno (Mt 5,37). Che non privilegia particolari interessi ma che cerca prima il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33).

Sogno una Chiesa in cui i presbiteri, i diaconi, le religiose, i religiosi, siano i PRIMI TESTIMONI DELLA COMUNIONE, imparando ogni giorno di più, alla scuola del vangelo, a trattarsi da figli dell’unico Padre. Ritengo questa la testimonianza più importante che sono chiamati a portare, insieme al loro vescovo. A poco valgono le iniziative pastorali più belle e generose se non sono espressione diretta o indiretta del rapporto di comunione che le deve originare, accompagnare, realizzare. Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda (Rm 12,10). Quando penso ai sacerdoti e alla comunione sacerdotale, questa parola di San Paolo mi si presenta davanti come un dover essere da tenere costantemente presente.  Al termine della giornata, ogni sacerdote, facendo l’esame di coscienza durante la compieta, dovrebbe porsi questa domanda: ho gareggiato nello stimare i miei confratelli sacerdoti?

Un presbiterio che vive e ricerca la comunione è uno dei più efficaci “luoghi” di evangelizzazione.

Sogno una Chiesa capace di dare priorità alla COMUNIONE CON PIETRO, nel segno di un obbedienza attiva e generosa, con la consapevolezza che il Papa è il centro d’unità della nostra e di tutte le chiese particolari. E’ Pietro la porta attraverso cui passare affinché la nostra storia diventi storia di salvezza, illuminata efficacemente dalla grazia del Signore (cfr. Gv 10,9). Penso poi che una Chiesa che vive la propria missione, facendo proprio, con coraggio, lo spirito di Papa Francesco, può essere un dono straordinario per la società del nostro tempo.

Potrei continuare ancora con la presentazione di sogni, ugualmente importanti, ma mi sembra che sia bene, per adesso, fermarsi qui. Avremo modo, mi auguro, di scoprirli insieme, ma soprattutto di tradurli sempre più in esperienza, secondo i piani di Dio.

Corro il rischio di far nascere nel vostro cuore un’altra domanda: ma con tutti questi sogni, non è che ci è stato inviato in Diocesi uno che ha la testa fra le nuvole?

In realtà credo che abbiate compreso che i sogni di cui vi ho parlato, non appartengono alla sfera della fantasia, ma vogliono piuttosto richiamare delle immagini a noi familiari, che fanno anche parte del vissuto di questa comunità diocesana. E’ mio desiderio dare il più possibile CONTINUITÀ a quanto in questi anni è stato fatto, in corrispondenza alla chiamata del Signore, attraverso la infaticabile guida di S. E. Mons. Giancarlo Vecerrica, che ringrazio nuovamente per la fraternità manifestatami fin dal momento della mia nomina. Come ho già detto, mi interessa mettermi in ascolto della voce del Signore, in ascolto della Sua Chiesa, per proseguire questo cammino lungo le strade che intende farci percorrere.

Giunga quindi il mio saluto a tutti voi, laici impegnati a partecipare responsabilmente alla realizzazione del progetto di Dio. Saluto voi giovani, fidanzati o da poco sposati, saluto le famiglie, articolazione fondamentale della Chiesa e della società. Saluto i fratelli provenienti da altri paesi e i fedeli di altre religioni. Un saluto agli istituti di vita consacrata e alle società di vita apostolica, alle aggregazioni ecclesiali, alle nuove comunità e a tutte le realtà associative. Che i doni di cui vi fate portatori, contribuiscano sempre più, in modi diversi, all’edificazione dell’unica Chiesa (1Cor 12,7).

Saluto voi sacerdoti, miei “necessari collaboratori”, in particolare voi parroci e vorrei incoraggiarvi nel valorizzare il ruolo delle parrocchie che rispetto a tutte le cose da me dette, possono essere uno speciale luogo di incarnazione del Vangelo.

Saluto le autorità civili e militari, impegnate a custodire e promuovere il bene comune di questa società. Sono tante e gravi le sfide che siamo chiamati ad affrontare in un tempo di crisi che sembra non aver fine. Auspico quella collaborazione che contribuisca all’edificazione di una società più equa e solidale.

Saluto Sua Eminenza Cardinal Menichelli e i miei Confratelli vescovi, ringraziandoli per l’accompagnamento avuto nei miei confronti, testimoniatomi anche con la loro presenza qui, oltre che alla mia ordinazione episcopale.

Che la Madonna del Buon Gesù sostenga il nostro cammino affinché, come Lei, possiamo, con fiducia e coraggio, permettere alla grazia del Signore, di manifestarsi in pienezza nella storia che vuole scrivere anche attraverso di noi.

+Stefano Russo, Vescovo di Fabriano-Matelica