COME TU MI VUOI – di Laura Trappetti

Mettiamola giù pesante oggi: l’inconoscibilità dell’essere. Paura? Su, tanto per non parlare sempre delle stesse cose! Tema non nuovo, che comunque mi stuzzica sempre e appartiene più al regno delle domande che delle risposte. Conoscere se stessi. E’ una parola! Non basta una vita e non è un caso che l’argomento sia stato al centro di molta speculazione filosofica. Conoscere se stessi è arduo, figuriamoci gli altri! Eppure non perdiamo occasione di esprimere opinioni e giudizi sulle persone, incuranti di quanto superficiale possa essere la nostra relazione con loro. Ci piace un sacco etichettare, classificare, dare un nome preciso ai pensieri, un colore politico, attribuire intenzioni. Lo si fa affidandoci a indizi minimi, una battuta, un post, un modo di vestire, in una costante pretesa di sapere e capire tutto e tutti, che l’epoca dei social asseconda e amplifica. Conoscere se stessi, conoscere gli altri, conoscere in generale e invece ci si accontenta di scarni riassunti di cose, fatti e persone e si pretende persino di essere credibili. La presunzione è un vizio di moda e sono anche convinta che, in questo trend di valutazioni sommarie, persino addentrarsi in spiegazioni e confutazioni sia del tutto inutile: non c’è nulla di più solido di un’idea approssimativa, di un pregiudizio. In fondo viviamo immersi in questo affresco pirandelliano in cui è vero il dato di fatto e pure il fantasma della costruzione soggettiva, basterebbe esserne consapevoli: gli altri sono per noi quello che ne pensiamo, ma pure altro. Una sana ammissione dei propri limiti che non fa mai male, anzi a dar retta ad Eschilo ci salva dall’ira di Zeus, perché sapere chi sei ti impedisce di scagliare parole tracotanti e taglienti che giungono sempre alle orecchie degli dei, come suggerisce Oceano a Prometeo. Che cosa voglio dire con tutto questo? Che forse a volte è meglio il silenzio. Voglio dire che di fronte agli altri, sarebbe meglio capire che ogni giudizio risulta arbitrario, ché gli esseri umani sono animali complessi, classificarli, metterli nel cassettino giusto delle nostre categorie mentali è comodo, ma stupido. Comunque nella sfera del “Così è, se vi pare” magari anche la stupidità diventa una virtù. Se lo vedremo scritto molte volte, di certo, ci crederemo.