AMMINISTRATIVE: MAL (IN) COMUNE, POCO GAUDIO

A guardare i confronti elettorali di questi giorni, una cosa è certa: se quello degli astensionisti fosse un partito con tanto di logo, segretario, capicorrente, mattinale, slides e tessere fasulle, farebbe incetta di fasce tricolori in più di mezzo stivale senza passare per le forche caudine del ballottaggio. Gli agoni televisivi all’americana di questi giorni si sono trasformati in autentiche messe cantate, facendo registrare il record olimpico di sbadigli e i primi ricoveri per collassi dovuti a “Pocket Coffee” assunti per via endovenosa. Le tenzoni “cronometrate”, poi, si sono rivelate sagre del precotto e soprattutto della balbuzie: a confronto le scorribande televisive di “Rosso Malpelo”Donald Trump hanno la verve di un medley cabarettistico di Corrado Guzzanti. Quel che è fatto è fatto però: le matite sono roventi, e domenica si porrà fine allo stillicidio. Anche per chi (come me) seguirà il caravanserraglio elettorale sorseggiando un “Moscow Mule” ghiacciato, essendo residente a Fabriano dove non si vota.

Eppure la partitona amministrativa conta per tutti. Perché per Renzi e i suoi accoliti rappresenta una sorta di test di metà percorso (è l’ultima “traslazione” dalla politica a stelle e strisce, giuro), ma soprattutto è il girone preliminare in vista del referendum costituzionale di ottobre dove il garrulo premier gigliato si giocherà buona parte del suo lato B (e il sistema-paese con lui). Dimostrazione ne è il trasporto col quale parla di questa tornata alle urne: l’inquilino di palazzo Chigi si esprime sulle singole città un po’ come mia nonna favella sul meteo. A Bologna ci sarà sole, a Torino sereno variabile, a Milano un po’ di nebbia. A Roma rovesci temporaleschi, mentre a Napoli mari da mossi a molto mossi: il livello è questo. Un remake di Giuliacci, insomma. Del resto, a lui interessa che gli italiani barrino il Sì ad ottobre, tanto che da Galileo Galilei a Pietro Ingrao ha svuotato un camposanto di celebrità per annunciare agli italiani che ogni “illuminato” starebbe dalla sua parte. Il cannoneggiamento su sto benedetto Sì sale di colpi di ora in ora, e delle comunali sembra fregare più al Dalai Lama che a Renzi.

Motivo? Semplice: sa che rischia un mezzo flop. A Bologna con Merola dovrebbe andare col pilota automatico, e anche “The Walking Dead” Fassino a Torino alla fine la spunterà. A Napoli però verrà confermato ‘u guaglione’ Gigi De Magistris, che mai come ora ha tolto il poster di Careca dalla sua stanza per attaccarci un’effige del ciarliero fiorentino, sul quale ogni giorno tira svariate sessioni di freccette. La vera psoriasi per Renzi sono però Milano e Roma: dovesse perderle tutte e due per i “nazareni” sarebbe una Waterloo totale, con Pisapia a rischio lupara bianca per non essersi ricandidato e il factotum del PD capitolino Orfini spedito al confino sul Gennargentu a parare ovini e cuocere malloreddus.

Andiamo con ordine però. A Milano la campagna elettorale è durata più di un semestre bianco, tanto che le primarie del centrosinistra (contraddistinte dall’orda di involtini primavera ai gazebo) ormai rimandano al neolitico. In lizza ci sono due gemelli omozigoti: il confronto su Sky tra Sala e Parisi, più che un duello elettorale, è sembrato un raduno di colletti bianchi lombardi pronti per il backgammon delle nove ad un circolo canottieri sul lago di Como. Sono due “City Manager” (che in sé non vuol dire una beata ceppa), e i loro curricula fanno scopa tanto sono simili. Però Sala è una delle icone del renzismo: i suoi abiti di Versace sono intrisi dei fumi del pollo tandoori di Expo 2015, e la combriccola dei “bischeracci” del premier lo ha scaraventato verso Palazzo Marino apposta. Parisi, dal canto suo, di politica ciancica assai di più, visto che ai tempi del sindaco Albertini ne era l’eminenza grigia. E’ scafato e soprattutto in rimonta: d’altronde uno che mette d’accordo berlusconiani, ciellini, leghisti e baùscia meneghini meriterebbe una laurea in psichiatria honoris causa. Renzi solo due mesi fa era convinto di sfilare a bordo di un mini-yacht sul Naviglio Grande tra due ali di folla, e ora si ritrova a scorticarsi la zona occipitale: un ko sotto la Madonnina sarebbe pesantissimo.

Diverso il discorso per Roma. Appena terminati i biascicamenti e baruffe su Sky, l’impressione è stata sempre quella: voglia di vincere vera non ce l’ha nessuno. Perché nel palazzo con la Lupa a fianco e il Marco Aurelio di fronte i “cetrioli” da fare a fette sono tanti. La campagna elettorale ha messo in scena un autentico festival della cazzata. Prima Marchini con i militari davanti agli asili nido (e lui è quello moderato), poi la pentastellata Raggi con le funivie a Boccea (a Courmayeur penseranno a un tram di riflesso), quindi Giachetti con la campagna “Lo chiamavano Jeeg Robbè” (roba da Xanax tre volte al giorno), infine la Meloni coi 100 euro a chi adotta un cane (che potrebbero diventare 500 se adotti un marò). In mezzo c’è il povero Fassina (graziato dal Consiglio di Stato dopo aver fatto compilare i documenti per la candidatura probabilmente a un team di punkabbestia) che si dimena col suo stile più costumato come il compagno di classe del primo banco ripetutamente vessato dagli altri.

La faccenda qui è impronosticabile anche per Nostradamus: il M5S (che non ha molti ballottaggi certi a parteTorino con la Appendino) sa che questo è un Frecciarossa su cui saltare al volo, ma che al primo guasto rischia di schiantarsi. La Lupa del resto non allatta più da duemila anni e adesso divora (per info telefonare ad Alemanno e Marino, preferibilmente ore pasti). Una vittoria consentirebbe loro di testarsi, ma in caso di harakiri darebbe modo a Renzi di contenerli ed annacquarli. La destra fratturata dopo la telenovela soap opera Bertolaso rischia di rimanere con un pugno di mosche e tanti nidi di vespe. Giachetti, con la sua barbetta sale e pepe di tre giorni, ha trecento candidati nelle liste a sostegno manco fosse Gandhi in India, ma il ballottaggio può agguantarlo. Se ci arriva saranno tutti contro di lui: questo è il guaio e Renzi lo sa. Una delle due big però la deve portare a casa, o saranno monsoni e piogge acide. Ma se ne fregerà il giusto: domenica con tutto il giglione Renzi andrà al cimitero, a riesumare qualche salma-sponsor per il Sì ad ottobre.

Valerio Mingarelli