IL PERICOLO DELL’IMPREVEDIBILE – di ALESSANDRO MOSCÈ

Venerdì scorso si è registrata un’ondata di attentati: un’incredibile sequenza di attacchi terroristici di matrice jihadista ha insanguinato il giorno sacro dell’Islam. In Tunisia sono finiti nel mirino di almeno un paio di terroristi, i resort della spiaggia di Sousse. I morti sono in gran parte turisti. In Francia è stato colpito un sito di gas industriale vicino Lione, un morto e due feriti lievi. Sul posto sono stati ritrovati un corpo decapitato e alcuni brandelli di tessuto con iscrizioni in arabo. A Kuwait City, un kamikaze si è fatto saltare in aria in una moschea sciita durante le preghiere del venerdì. Sono morte decine di persone e l’Isis ha rivendicato l’attacco kamikaze. Si risveglia la paura dell’impensato, oltre che dell’inaudito e del riprovevole. Del resto tutto ciò che non capiamo e non riusciamo a respingere ci pone nella condizione passiva di remissività. Il rischio degli attentati è dietro l’angolo da gran tempo e anche l’Italia non dorme sonni tranquilli. Sinagoghe, aeroporti e grandi vie di comunicazioni: la segnalazione è che nelle ultime ore i servizi di sicurezza avrebbero passato agli investigatori antiterrorismo una sorta di codice di rafforzamento tutt’intorno ad una sinagoga e nei principali scali aerei italiani. Quali cellule collegate agli estremismi si muovono sottotraccia e così abilmente? Non solo quelle di radice islamica di Al Qaeda, ora in minoranza, dopo la proclamazione dello Stato islamico con la nascita del Califfato che minaccia Roma e l’Europa. Esistono nuclei direttamente collegati alla Siria e all’instabile nord Africa, in particolare all’area sub sahariana, inesplorata nel contesto della politica estera. Di qui un monitoraggio sempre più ferreo dei flussi migratori italiani. Perché i terroristi potrebbero utilizzare la sponda di casa nostra, vicinissima, attraversare il Paese e raggiungere ogni capitale europea, dicono fonti dell’intelligence, tracciando il profilo sinistro di soggetti che operano nell’assoluta clandestinità. Siamo insicuri, attoniti. Siamo in ansia per un nemico che non si vede, che non ha un’identità rintracciabile. Sembra una lotta contro i fantasmi che di volta in volta si riaccende con più esplosività. Non c’è cosa peggiore della destabilizzazione, immanente quanto imprevedibile.

Alessandro Moscè